A.I.S.M.O. casi clinici

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A.I.S.M.O. casi clinici

25-08-2011 - scritto da Prof.ssa Virginia A. Cirolla

A.I.S.M.O. casi clinici

A.I.S.M.O. a tutela dei diritti di cura di tutti malati

Ciao caro amico,

sono sola e stanca e ho tanto dolore, ho voglia di parlare con qualcuno e penso che tu sia la persona più indicata. Vorrei farti conoscere la mia brutta storia,vissuta dalla fine del 2006 a tutt’oggi. Tutto ha inizio con la comparsa di una bolla rossa sopra un ginocchio, che mi spinse a rivolgermi al medico di famiglia. Questi ascoltando il mio problema, prende delle pinzette, accende una lampada per illuminare ,controlla la bolla,che nel frattempo si era anche aperta creando un foro nerastro e , dopo averla esaminata dice:
–“Licia a te, ha morso una zecca ,ho provato con delle pinze a cercare qualche parte di questa, ma non riesco a vedere niente, quindi la zecca se n’è andata lasciandoti un po’ di infezione ,ma vedrai che nell’arco di pochi giorni sparirà tutto. A differenza di quanto affermato dal medico la bolla inizia a dare un forte dolore, a diventare bluastra e a formare un cerchio . Mi rivolgo
allora a un dottore dell’ospedale di Urbino, esattamente a un chirurgo. .
Questi controlla la bolla e dice :-L’unica soluzione è toglierla chirurgicamente e pertanto mi fissa un appuntamento e, in quella occasione ,mi asporta la parte infetta ,sutura con tre punti, dicendomi che la cosa era risolta, ma, per precauzione, inviava la parte tolta al laboratorio analisi dell’ospedale Torrette
di Ancona. Nel frattempo mi trasferii in un’altra città. Non pensavo più al ginocchio, anche se continuava a darmi prurito . intanto iniziava a formarsi una alopecia nella parte sinistra del cuoio cappelluto ,procurandomi dei dolori
fortissimi che mi spingevano a tirarmi i capelli come se dovessi fare uscire qualche cosa. Un dermatologo del servizio Sanitario disse che era causata da una depressione nervosa. In seguito uscirono due piccole bolle che poco dopo formarono due piccole ulcera. Allora capii che la cosa non era più da sottovalutare e pertanto mi rivolsi,dopo un appuntamento avuto per grazia ricevuta , presso l’ambulatorio privato a Porto Recanati dal primario del
reparto di dermatologia dell’ospedale di Torrette di Ancona. Ti voglio
informare che tutto quello ho scritto e tutto quello che andrò a scrivere è documentato da certificati medici conservati nella mia cartella clinica personale. Il primario non mi rilascia nulla di scritto, ma mi consegna il numero di telefono della caposala del suo reparto, assicurandomi che aveva capito la causa del male, che avrebbe tolto chirurgicamente la parte lesa e che sarei guarita in poco tempo. Alla visita era presente anche mia figlia e quindi assicurò anche lei della soluzione del caso. Il giorno dopo feci come mi disse, telefonai alla caposala la quale con poca delicatezza e molta
superbia mi diede l’appuntamento. M i recai in Ancona il giorno stabilito e,dopo le analisi di routine il professore convocò il dottore della terapia del
dolore e il chirurgo plastico e decisero di sottopormi all’intervento. La sera
stessa, dopo l’intervento, avvertii un forte dolore alla testa localizzato alla
ferita, ma non ci feci caso pensando che erano sicuramente gli esiti
dell’intervento. Il dolore continuava a essere forte ma il dottore di riferimento
dell’ospedale di Ancona mi assicurò che era una prassi normale.

Dopo circa quindici giorni ritornai all’ospedale per farmi togliere i punti
e al dottore incaricato, feci presente che la ferita continuava a essere
bagnata e a darmi un forte dolore. Egli mi assicurò che tutto era normale
e, senza neanche prescrivermi una semplice pomata antibiotica o altro, mi
disse che avrei dovuto prendere l’appuntamento dal primario del suddetto
reparto ,anche perché era stato lui a prescrivere tutto ed a fare eseguire
l’intervento, e così feci. Appena vidi il professore capii che le cose erano
cambiate . Questo aveva un sorrisino ironico come per dirmi -:Ma cosa vuoi
piangere ,non hai nulla? Nel frattempo mi spiegò la situazione, ma non ci
capii niente , questo continuava ad insistere che era una malattia rara dovuta
a problemi psicologici e che quindi avrei dovuto rivolgermi da uno psicologo
e contemporaneamente praticare la terapia del dolore. A questo punto
chiesi al professore di rilasciarmi uno scritto per il mio dottore di famiglia,
ma, dopo mille scuse, disse che forse il mio dottore avrebbe fatto meglio a
telefonargli, ma secondo me lo diceva solo per liberarsi di me. Alla fine tirai
le mie conclusioni il professore non aveva capito nulla e mi aveva liquidata
adducendo problemi psicologici. Tornai dal mio dottore di famiglia, che
nel frattempo era cambiato, (oramai era più il tempo che passavo in quell’
ambulatorio, di quello che passavo a casa mia), anche perché la mia testa,
dopo un mese circa dall’intervento si era coperta tutta di bolle erpetiche e il
dolore era sempre più forte, fino ad arrivare al punto di farmi prescrivere il
cerotto per il dolore , ma con pochi risultati.

A questo punto il mio medico volle capirci di più e mi consigliò una visita
specialistica all’I.N.R.C.A. di Ancona al reparto di dermatologia, esattamente
dal primario .Questo, a prima vista, mi sembrò un persona molto umana e
comprensiva. Gli raccontai la mia storia e lui, dopo una accurata visita, mi
disse che si trattava di un herpes zoster persistente ( fuoco di S. Antonio) e
pertanto dovevo sottopormi a una terapia a base di antivirali per un mese ,
terminata questa avrei dovuto farmi rivedere presso l’ambulatorio del
suddetto ospedale . Purtroppo però la mia situazione, invece di migliorare
peggiorava, i dolori alla testa erano sempre più forti, le bolle erpetiche
continuavano ad allargarsi e a produrre del pus, queste bolle iniziarono
a comparire anche sulle gambe ed in altre parti del corpo. Dove queste
si formavano,erano sempre accompagnate da forti dolori che nessun
antidolorifico riusciva a farmi passare . Ritornata alla visita spiegai tutto
al primario che, dopo una riflessione, decise di ricoverarmi nel reparto di
dermatologia dell’I.N.R.C.A. da lui diretto e così feci. Dopo ricoverata mi
sottopose a un ciclo di flebo a base di antivirali (senza nessun risultato).
Durante il ricovero feci presente al primario che circa un anno prima mi
era stato diagnosticato un morso di una zecca, ma il primario escluse che
potesse essere questa la causa del mio herpes. Dopo la prima dimissione
continuò a prescrivermi diversi tipi di antivirali per bocca e pomate da usare
localmente nelle bolle. La storia andò avanti così per più di sei mesi. Nel
frattempo effettuai un’altro ricovero seguendo la stessa prassi del primo.
Finché un giorno ebbi un forte prurito alla parte bassa della schiena (L4-S1)
accompagnato da un gran dolore, tale da farmi quasi svenire; mi durò alcuni
minuti dopo di che mi si formarono alcune bollicine nella parte sopraindicata,
il dolore diminuì di poco ma all’improvviso non riuscivo più a deambulare ed
ero costretta a trascinare le gambe.
Ritornai dal primario e gli spiegai l’accaduto. Egli sembrò piuttosto
scocciato come se io volessi mettere in dubbio la sua diagnosi, ed iniziò a
spiegarmi ,che l’herpes avrei dovuto sopportarlo per altri mesi, consigliava di
continuare la terapia a base di antivirali e, a riguardo della schiena e delle
gambe, avrei dovuto rivolgermi a un neurochirurgo, perché sicuramente,
secondo lui, il tutto era dovuto ai tre interventi alla colonna vertebrale a cui
ero stata sottoposta negli anni precedenti. Non ebbi più parole, ma solo un
gran vuoto allo stomaco e nel giro di un attimo tirai una sola conclusione,
che purtroppo per me era arrivato il momento della sedia a rotelle, visto e
considerato che la mia colonna vertebrale era molto grave e in più si era
aggiunto anche un dolore atroce alla testa. Salutai il primario.
Tornando a casa piansi
per tutto il tragitto da Ancona a Pesaro.
Arrivata, i miei famigliari non furono in grado di sollevarmi moralmente e
psicologicamente. Io ero talmente sfinita che non so cosa avrei voluto fare ,
forse anche qualche cosa non proprio bella. Però mi feci coraggio presi la
cornetta del telefono e tramite il CUP prenotai una visita dal neurochirurgo
dell’ospedale di Pesaro.
Il giorno della visita il neurochirurgo, dopo un accurato controllo alla cartella
clinica, mi propose di sottopormi a una risonanza magnetica (total body) per
verificare se la cattiva deambulazione non fosse provocata da delle nuove
malformazioni alla colonna vertebrale, ma la risposta della RMN non faceva
altro che confermare gli esiti degli interventi precedenti e pertanto i segni
evidenti ai riflessi delle gambe potevano essere la causa di altre malattie e
non poteva fare altro che inviarmi da un bravo neurologo.

Considerato che i dolori alla testa e a tutto i corpo aumentavano e sempre
meno riuscivo a camminare e per escludere definitivamente una forma
virale ,sentii anche il parere di mio marito. Decidemmo di prendere
un appuntamento dal primario del reparto di virologia dell’ospedale di
Pesaro. Questi si limitò solo a scrivere quello che io le riferivo arrivò alla
conclusione, che avrei dovuto sottopormi a una visita neurologica . Sfinita e
con poca fiducia presi l’appuntamento dal neurologo dell’ospedale di Pesaro,
che decide di ricoverarmi. Fu un ricovero drammatico perché nonostante
avessi in terapia il cerotto per il dolore, continuavo a sentirmi male ; l’igiene
nel reparto lasciava a desiderare, i medici si vedevano poco, comunque
in questo stato rimasi ricoverata per più di dieci giorni . Nel periodo del
ricovero fui sottoposta alla puntura lombare. Il liquor estratto fu mandato
all’ospedale di Ancona per essere analizzato. Tornai dopo circa venti giorni
alla visita di controllo e qui mi fu detto che l’esame inviato era tornato
con esito negativo e che pertanto il loro consiglio era quello di rivolgermi
alla terapia del dolore perché, secondo loro, i miei problemi erano tutti da
imputare agli interventi effettuati alla colonna vertebrale e all’herpes zoster in
testa e che non si poteva fare altro che alleviare i dolori. Il neurologo telefonò
direttamente alla dottoressa responsabile della suddetta terapia, fissandomi
un appuntamento.

Quando incontrai la dottoressa capii che
questa era una persona
comprensiva e con tanta voglia di aiutare le persone ammalate, parlammo a
lungo e, in quel momento capii che, se
volevo tornare a vivere
dignitosamente, dovevo assumere degli oppiacei, perché le altre cure su di
me non avevano più nessun beneficio. Uscii dall’ambulatorio della terapia del
dolore con una lista di farmaci a base di oppiacei che avrebbero fatto
passare il male anche a un cavallo. Dimenticavo di dirti, che la dottoressa mi
consigliò inoltre di non perdermi di coraggio e di continuare a combattere
contro il mio male. Inoltre mi propose di rivolgermi,ad un altro dermatologo,
che lei riteneva essere molto valido. Presi l’appuntamento e dopo pochi giorni
mi visitò. Come, vide la mia testa non fece altro che esclamare -:Poverina,
chissà che dolore sente! Io una testa così mal ridotta non l’ho mai vista. Capii
che anche qui c’era poco da fare, però in un attimo mi tornò in mente il morso
della zecca e spiegai l’accaduto. Questi disse che poteva essere, ma per
avere una conferma avrei dovuto eseguire degli esami del sangue, mi disse
inoltre-:Si ricordi che se la risposta è positiva torni da me, che con una cura
adeguata risolviamo il problema, ma se la risposta è negativa non torni più :-.
Eseguii gli accertamenti ma, come temevo, erano negativi. Quindi non pensai
più alla zecca ,mi convincevo sempre più che per me non c’era nulla da
fare ,c’era rimasto solo la terapia del dolore e la sedia a rotelle. Passarono
dei mesi terribili. La terapia del dolore dava i suoi risultati, ma gli effetti
collaterali erano tanti e quindi stavo male psicologicamente, avevo mille
dubbi anche perché le gambe andavano sempre peggio, l’herpes continuava
a uscire creandomi forti dolori, ero sola, i famigliari iniziarono a parlare
sottovoce per non farmi capire, ma io sapevo che loro si convincevano
sempre più che io pian piano avrei fatto una brutta fine . Un giorno , parlando
con il mio medico di famiglia, uscì fuori che a Rimini c’era un bravo
dermatologo e che, secondo lui, ne sarebbe valsa la pena di chiedere un
consulto. Presi l’appuntamento presso l’ospedale di Rimini .Amico mio, scusa
se mi dilungo, ma dimenticavo di dirti quanti soldi ho speso inutilmente per la
mia malattia, tanti. Il dermatologo mi visitò ed iniziò a farmi
la
paternale-:Signora, io non posso parlare delle gambe perché non è il mio
campo ma per quello che riguarda la testa , secondo me è lei che si crea le
ferite, questo non è altro che un problema della psiche e quindi si rivolga ad
un bravo psicologo , vedrà che nell’arco di poco tempo le bolle alla testa
spariranno:- Aveva la faccia di una persona superba e poco comprensiva. A
lui non interessava nulla di me e non vedeva l’ora di sbolognarmi.

Tornata a casa ero distrutta e giurai a me stessa che non sarei andata più da
nessun dottore, che avrei continuato a vivere con il mio dramma senza
disturbare più nessuno. Invece questo non accadde perché i miei famigliari
vollero farmi fare una ulteriore visita dal primario del reparto di dermatologia
dell’ospedale di Cesena, che, dopo avermi controllata tutta la testa, decise di
farmi una biopsia (questa era la quarta) e inviare la parte della cute asportata
al laboratorio analisi. Quando tornò l’esito, mi convocò per parlarmi e mi
disse -:Signora, l’esito della biopsia e “Collagenosi Perforante”. Purtroppo
devo comunicarle che questa malattia è rara e che dovrà imparare a
conviverci, l’unico farmaco che le posso prescrivere è questa pomata:- Mi
fece la ricetta per acquistare il prodotto e mi salutò. Il Tragitto Cesena –
Pesaro non mi era mai parso così lungo .Arrivati, ripresi la mia vita,
passarono dei mesi terribili ,non riuscivo quasi più a camminare e se non
assumevo i farmaci per il dolore, il mio corpo era martoriato da fitte
tremende come se dei cani arrabbiati mi mordessero. Ero disperata, tutti mi
davano fastidio, non uscivo più di casa. Un giorno , mia figlia, la quale non
riusciva più a vedermi in quello stato, mi disse -:Mamma, perché non ritorni
dal neurochirurgo ? forse adesso può capire meglio se si tratta di un grave
problema alla colonna vertebrale:- Io sapevo che così non era, ma per farla
contenta , presi l’appuntamento. Il neurochirurgo,quando mi vide, mi
riconobbe e mi disse :- Signora ancora in queste condizioni? Torno a
ripeterle che il suo non è un problema riferito alla colonna, ma lei ha i muscoli
e il sistema nervoso ammalato e pertanto è questo che deve curare, le faccio
inoltre presente che i farmaci per la terapia del dolore sono troppi e che con
l’andare del tempo possono ridurla una tossicomane, a questo punto le
consiglierei di rivolgersi al Primario della Clinica Medica e reumatologa
dell’ospedale di Torrette, che sicuramente sarà in grado di studiare il suo
caso ed aiutarla a fare, in avvenire, una vita più dignitosa:-. Una volta ancora
presi l’appuntamento da un altro medico per non dover dire un giorno di non
aver fatto tutto e di dovermi sentire in colpa nei confronti dei miei famigliari. Il
professore mi visitò, controllò la mia cartella clinica e dopo un sospiro,
chiamò al telefono la caposala per assicurasi che ci fosse un posto letto per il
ricovero. Il lunedì mi ricoverai , mi fecero tutti gli accertamenti, rimasi in
clinica quindici giorni, e mi dimisero con una diagnosi da brividi,”Importante
fibromialgia secondaria” (dovuta alla schiena) e, a riguardo della testa,
confermava la diagnosi di collagenosi perforante.In merito alla cura da
sostenere a casa (come gli altri dottori) mi indirizzarono alla terapia del
dolore. Ed ecco di nuovo una grande delusione. Tornata a casa , con tutti i
miei dolori e senza aver risolto nulla, giravo tutto il giorno come un automa
appoggiandomi ai mobili, alla sera mi affacciavo alla finestra e pregavo Dio,
implorandolo di mandarmi un angelo ad aiutami. Una sera mi telefonò mio
figlio. Per l’ennesima volta mi disse che avrei dovuto fargli avere la mia
cartella clinica;- Mi disse, mamma cosa ti costa, nel giro di tre o quattro giorni
te la faccio riavere, il tempo di farla consultare a un mio amico medico:-Io non
ero contenta di lasciare la cartella, perché in qualunque momento poteva
essermi utile, poi cosa vuoi che mi facesse un medico infettivo logo , io non
avevo nulla di infettivo. Alla fine mi convinse e mio marito andò a Cesena (la
città dove abita mio figlio) a portargliela. Dopo pochi giorni mi arrivò una
telefonata di mio figlio il quale, mi chiedeva a richiesta del suo amico
medico,se fossi stata punta da una zecca?Io gli riferii; siiii , perché il medico
studiando tutta la documentazione accumulata nel tempo (più di tre anni)
tirava la conclusione che io ero affetta dalla malattia di Lyme provocata dal
morso di una zecca. A questo punto mi feci passare il dottore e gli spiegai
che le analisi del sangue per confermare il morso della zecca le avevo
eseguite ed erano negative, egli mi rispose che nell’ottanta per cento dei
casi, risultano negative anche se sono positive e che quindi era il dottore a
dover studiare i sintomi e da quelli si riusciva a diagnosticare la malattia. A
questo punto chiesi cosa avrei dovuto fare, egli mi disse-: Signora, mi ascolti,
se fosse mia madre o se fosse per me stesso, proverei con un mese di
antibiotici. Se l’antibiotico, come io penso, fa il suo effetto, lei nell’arco di
qualche mese riprende una vita regolare. Pertanto le consiglierei di venire
all’ospedale di Rimini, dove io dopo averla visitata ,le prescrivo la terapia:-
Così feci mi recai al reparto delle malattie infettive e, come vidi questo
giovane medico mi sembrò di vedere una persona amica, e pensai. Chissà,
forse Dio mi ha inviato quell’angelo che gli ho chiesto. Torniamo a noi, dopo
avermi visitata fu ancora più convito che si trattasse della malattia di Lyme e
pertanto mi prescrisse l’antibiotico per un mese e mi consigliò di continuare a
praticare la terapia del dolore. Tornata a casa iniziai la cura, ne avevo fatte
tante, ma li antibiotici non gli avevo mai presi e forse stavolta ero sulla strada
giusta. Dopo circa dieci giorni iniziarono a sparire le prime ferite e dopo
venticinque giorni erano sparite quasi tutte. Ero così felice che la strada fino
a Rimini,dopo un mese, quando tornai al controllo,mi sembrò un tappeto di
velluto(anche se c’era un gran traffico ). Arrivata nell’ambulatorio del dottore,
questi mi visitò di nuovo e, controllando la testa disse-: Signora si è accorta
che la sua testa è guarita?:- Certo che io l’avevo vista, ma volevo che fosse
lui a dirmelo, perché io potevo anche aver sognato. Il dottore, dopo avermi
sospeso l’antibiotico e dato tanti consigli di come mi dovevo comportare
aggiunse di continuare la terapia del dolore fino al giorno che sarò io stessa a
capire di non averne più bisogno. Oggi ancora non sono guarita però sono
felice e tranquilla ,perché so che un giorno tutto sparirà e io potrò tornare a
una vita migliore. Amico mio ti ho scritto questa lettera perché vorrei che
nessuno più soffrisse per diagnosi sbagliate. I medici spesso non ascoltano
sufficientemente il paziente, si limitano a prescrivere una serie di esami
clinici, spesso inutili e in base a questi , formano la diagnosi.

Pesaro,08 luglio 2010

La tua amica.

E’ passato un anno, i miei dolori in questo periodo invece di diminuire sono
aumentati, purtroppo il mio medico, quello che ha avuto il coraggio di darmi
gli antibiotici, e diagnosticarmi “la malattia di Lyme” oggi mi dice :-Licia
purtroppo il “battere” che ha sostato per anni nel tuo corpo, ti ha lasciato la
fibromialgia, altra malattia che non da speranze. Oggi sono in cura presso
la terapia del dolore, gli unici farmaci che riescono a calmarmi i dolori sono
gli oppiacei. Vorrei avere ancora qualche speranza, per questo vi invio la
mia testimonianza e che la prendiate in considerazione, con la speranza che
appena possibili mi diate una risposta, qualunque essa si. Grazie Licia

Pesaro 27 luglio 20011


A.I.S.M.O. a tutela dei diritti di cura di tutti malati


Studio Medico Cirolla
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Malattie, cure, ricerca medica




Prof.ssa Virginia A.Cirolla
MD,PhD in Experimental And Clinical Research Methodology in Oncology Department of Medical and Surgical Sciences and Translational Medicine "Sapienza" University of Rome
National President A.I.S.M.O. ONLUS
www.studiomedicocirolla.it
www.aismo.it

Profilo del medico - Prof.ssa Virginia A. Cirolla

Nome:
Virginia Angela Cirolla
Comune:
ROMA
Telefono:
0645477448 3396769115, 3930944388, 3335230409
Azienda:
A.I.S.M.O. ONLUS
Professione:
Ricercatore
Posizione:
PRESIDENTE NAZIONALE
Occupazione:
MEDICO CHIRURGO SENOLOGO/TITOLARE CENTRO DI FORMAZIONE ANFOS/DIRETTORE SANITARIO A.I.S.M.O. ONLUS
Specializzazione:
Oncologia Medica, Medicina alternativa, Chirurgia generale, Perf in Ecografia, Senologia, Master Format. ANFOS, Master Agopuntura, Dottorato Ricerca Oncologica
Contatti/Profili social:
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